Situata su di una collinetta al centro di Enna - e dell'intera isola siciliana - a 950 m. sul livello del mare, la Torre di Federico presenta più di un aspetto misterioso. Essa non è collegata nè a presunte apparizioni di fantasmi, nè a dantesche vicende di belle dame malmaritate o imprigionate, nè tanto meno a favole di tesori sepolti nei dintorni. Nessuno insomma dei classici ingredienti che ampliano il fascino storico-architettonico di qualunque castello europeo. Il mistero che circonda la Torre ennese è invece comune a tanti altri monumenti dell'età antica e della preistoria perfettamente orientati con i punti cardinali geografici e con le principali ricorrenze astronomiche stagionali, i solstizi e gli equinozi: è come una monumentale “rosa dei venti”, una bussola al centro della Sicilia.
Attribuita al grande imperatore svevo, poco prima della metà del 1200 - ma secondo altri studi, riconducibile al figlio e successore Manfredi, dopo il 1250 - si presenta come una torre di forma perfettamente ottagonale, circondata da un recinto in pietra anch'esso ottagonale di cui rimangono però pochi avanzi. Ognuno dei suoi lati misura poco più di 7 metri e 5 centimetri, è suddivisa in tre livelli (pian terreno, più due piani) e l'altezza complessiva risulta di 27 metri e 30. Anche se l'aspetto esterno della torre appare molto essenziale e spartano, tuttavia soltanto due delle otto facce sono cieche, mentre tutte le altre presentano finestre o feritoie che ne tradiscono la funzione anche e soprattutto militare. Ma anche lo stile architettonico - gotico naturalmente - ha la sua parte, specie all'interno della costruzione.
I primi due livelli, pian terreno e primo piano, sono ovviamente ricoperti da un tetto “ad ombrello” i cui gotici “cordoloni” terminano su mensole fissate a metà muro o anche su semicolonne (al primo piano) con i tradizionali ornamenti vegetali. Al di sotto del pavimento del pian terreno - ricoperto da una moderna copertura di vetro - è visibile un'antica cisterna ancora inesplorata. Nella parete ovest - sud-ovest, è inserita una scala a chiocciola di 98 gradini tramite la quale si accede ai piani superiori. Questa scala è stata restaurata in tempi moderni dopo che nel XVIII secolo venne volutamente demolita. Pare infatti che dopo il suo abbandono la Torre fosse diventata meta di furtivi incontri amorosi e le autorità ecclesiastiche di allora presero dunque una decisione così estrema (evidentemente meno onerosa che non murarne l'accesso). Il terzo piano attualmente ha un tetto di “cielo e di stelle” nel senso che è letteralmente spalancato ai quattro venti (occhio a cappelli, sciarpe e foulard !). In origine tuttavia doveva avere una copertura, poichè nel muro che è rimasto (alto più di tre metri, ma - grazie ad una pedana - attualmente ridotto a “parapetto” al fine di consentire di ammirare il favoloso panorama) sono ancora rimaste quattro mensole, estremità di altrettanti costoloni gotici volti evidentemente a sorreggere un tetto probabilmente di stile e forma analogo agli altri due sottostanti. Un esperto di castelli svevi, l'Agnello, propose l'idea che il tetto originario fosse una cupola emisferica con un foro al centro affinchè potesse servire come osservatorio astronomico. Ma gli studi architettonici successivi che hanno tra l'altro identificato in un grosso frammento quel che resta della chiave di volta originaria hanno teso a smentire questa ricostruzione. Nulla invece esclude che vi fossero finestre, aperture e feritoie anche a scopo difensivo, come dimostrerebbero i resti di corridoi appositamente studiati per gli arcieri. Tuttavia più di uno studioso rimane dell'idea che la funzione - e la stessa finalità costruttiva - della Torre di Federico andasse ben oltre i semplici scopi militari, e potesse essere utilizzata anche per osservazioni astronomiche e rilevamenti geografici.
La posizione strategica della Torre è stata infatti evidentemente ben studiata per dominare con lo sguardo l'intero territorio circostante, non solo la città di Enna (o meglio, Castrogiovanni, come era chiamata in epoca sveva, e fino all'inizio del secolo scorso). Nelle giornate più chiare è infatti possibile scorgere ad occhio nudo i tre mari siciliani (Mediterraeo, Jonio, Tirreno) oltre naturalmente all'Etna ed agli altri rilievi principali, e secondo una tradizione, proprio dall'alto di questa Torre sarebbe stato progettato l'intero sistema amministrativo e viario dell'intera Sicilia. Questo anche perchè - come abbiamo accennato all'inizio - la torre si trova a poche centinaia di metri dal centro esatto dell'intera Sicilia, corrispondente al sagrato della poco distante Chiesa di Montesalvo, un luogo alcune decine di metri più basso, ai piedi della collinetta, e dunque per tanti motivi meno adatto all'edificazione della struttura.
Il primo enigma è dunque proprio questo: in un'età come il secolo XIII nel quale non esistevano i satelliti, in cui le mappe geografiche erano ancora rozze e imprecise e perfino la stessa bussola aveva appena fatto la sua comparsa in Europa, chi e come fra i geografi al seguito dei sovrani svevi era riuscito a stabilire con un “errore” (sicuramente voluto) di poche centinaia di metri il centro dell'isola più grande del Mediterraneo ? Un altro mistero riguarda la forma medesima della Torre (e del corrispondente recinto murario che la circondava). Non sono molti i monumenti svevi - chiese e castelli - di forma ottagonale. In Puglia oltre al famosissimo Castel del Monteesiste per esempio una torre simile anche nella Chiesa di San Michele del Gargano. Tuttavia dal punto di vista strettamente strategico e militare, riuscire a difendere dagli assalti una torre di forma ottagonale era un po' più difficile rispetto ad una perfettamente cilindrica, poichè nel primo caso gli angoli potevano togliere un certo margine di visuale agli arcieri, specie se tiravano dalle feritoie, mentre nel secondo caso la “linea di tiro” era letteralmente “a tutto tondo”. Proprio in quegli stessi anni in cui venne edificata la Torre di Enna, altri castelli in Sicilia e nei domini di Federico II venivano costruiti con torri perfettamente cilindriche, come ad esempio quelle del Castello Ursino a Catania, secondo stili e tecniche ereditate direttamente dalle fortezze arabe. Dunque non sarebbe stato difficile agli esperti architetti (o “protomagistri”) di Federico II costruire anche ad Enna una torre di forma circolare ammesso che le uniche finalità fossero state unicamente quelle militari e difensive. Evidentemente altri motivi, forse più importanti, fecero optare per un'architettura ottagonale, anche a costo di penalizzare, perlomeno in teoria, le priorità strategiche. Ma quali potevano essere ?

La divisione dello spazio geografico ed astronomico in otto parti - rappresentata nella geometrica e architettonica forma ottagonale - è un concetto molto antico risalente all'antica civiltà megalitica sorta in età preistorica soprattutto nel versante atlantico dell'Europa (dalla Penisola Iberica fino alle Isole Orcadi a nord della Scozia). Numerosi monumenti di pietra, soprattutto di forma circolare, come Stonehenge e Newgrange, rappresentano questa ripartizione elaborata secondo alcuni studiosi in un vero e proprio calendario annuale poi ereditato dai Celti nella loro religione. Alle quattro ricorrenze astronomiche principali - i solstizi d'estate e d'inverno e gli equinozi di primavera e d'autunno - i sacerdoti megalitici avrebbero in sostanza aggiunto altre quattro ricorrenze annuali intermedie corrispondenti al “Calendimaggio” (Beltane), alla “Notte di mezza estate” (31 luglio-1 agosto, Lammas), “Ognissanti” (Samhain, 1 novembre), e la “Candelora” (Candelmas, 2 febbraio). Nella successiva tradizione storica celtica e poi romano-medievale, tali ricorrenze sopravvissero finendo poi per essere assimilate e cristianizzate dalla Chiesa cattolica, al pari dei solstizi e degli equinozi (qualcuna, come Lammas, venne differita di un paio di settimane diventando il nostro Ferragosto o Festa dell'Assunta). Certamente tutte queste conoscenze vennero accolte e conservate anche dagli architetti e maestri costruttori principalmente francesi, tra cui spiccavano i membri dell'ordine dei Cistercensi, costruttori delle cattedrali gotiche e dei castelli di Federico II di Svevia. In tutte le proprie opere architettoniche essi sempre ricercavano oltre che una proporzione geometrica fra le singole parti del progetto, metafora della perfezione, anche una stretta correlazione con gli elementi astronomici e celesti, in primo luogo con l'orientamento agli equinozi ed ai solstizi, simbolo di legame tra la terra ed il cielo, così come nell'antichità pagana, anche nel medioevo cristiano.
La mano cistercense è certamente presente anche nella Torre ennese, la cui forma ottagonale potrebbe dunque celare l'antica tradizione celtico-megalitica di orientamento solare coi solstizi, gli equinozi e simbolicamente con le altre quattro festività annuali. Ma non solo. Alla sua costruzione potrebbero anche aver partecipato - come nel caso di altri castelli svevi - anche gli architetti arabi, esperti ad esempio nella costruzione delle scale a chiocciola, il cui disegno nella Torre ennese è identico a quelle presenti nel Castello Ursino e a Castel del Monte. Ed è difficile sottrarsi all'idea che ai fini del preciso posizionamento della costruzione non possano aver contribuito contemporaneamente anche le sofisticate conoscenze astronomiche e geografiche arabe, direttamente ereditate dalle tradizioni caldee, persiane ed egiziane, oltre che dell'antica scienza greca. Quasi ognuno degli otto lati della Torre è idealmente orientato sulla carta geografica con una delle principali città siciliane del tempo: Palermo, Girgenti-Agrigento, Taormina, Terranova-Gela, Agira. Già in un precedente articolo si è dimostrato come la pianta ottagonale di Castel del Monte, in Puglia, edificato idealmente al centro dell'impero di Federico II, presenti i suoi lati perfettamente orientati con molte grandi città mediterranee ed europee, prima fra tutte Istanbul-Costantinopoli, con finalità soprattutto ideologiche. Se venisse confermata la tesi che a costruire la Torre ennese non sia stato Federico II, ma suo figlio Manfredi, Re di Sicilia, allora potremmo trovarci di fronte ad una sorta di “tradizione di famiglia”. Dopo la sua discussa incoronazione nel 1258, infatti il nuovo sovrano svevo avrebbe forse inteso ricalcare ideologicamente le orme paterne edificando anch'egli in maniera più discreta - probabilmente anche per motivi finanziari - ma con la medesima perfezione tecnica e architettonica, un simbolo monumentale del proprio potere, una “rosa dei venti” più piccola del monumentale castello pugliese che posta al centro della Trinacria legasse idealmente a sè luoghi e città perlomeno dell'isola siciliana, in un momento storico in cui la sua sovranità veniva messa in discussione ed apertamente osteggiata anche in Sicilia, nella città di Messina in primo luogo, dalle forze guelfe fedeli al papa.
Dal punto di vista puramente storico e culturale rimane però il mistero di come siano riusciti ad identificare il luogo geografico corrispondente al centro esatto della nostra isola. Certamente una mano in tal senso venne data dai geografi e matematici arabi, storicamente espertissimi nel rilevamento di coordinate geografiche ed astronomiche, e ancora a quel tempo al seguito degli Svevi. Un'ennesima dimostrazione insomma del clima di sincretismo culturale e scientifico esistente all'epoca anche e soprattutto in Sicilia tra i dotti e gli uomini di scienza appartenenti a differenti culture e religioni.
Testo Tratto Dal Web; ringraziamo per la gentile concessione di alcune foto Vincenzo Capasso

Virtual tour – Torre di Federico di Enna

 www.typicalsicily.it/virtual-tour/v177/

 

 

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